L’Eroica – Gaiole in Chianti, 7 ottobre 2018

Questa è la mia terza L’Eroica, più le due Montalcino fanno cinque sgambate sulle bici d’epoca. Le strade, i punti critici, i ristori, ormai li ho ben impressi nella mente. I punti critici sono le salite, che sarebbero già difficili con le bici moderne dai rapporti super-agili, e pure sull’asfalto; qui siamo sulle strade bianche, a volte buona terra battuta, a volte fango, altre ghiaino. In questi tratti, che fortunatamente sono di qualche chilometro al massimo, affronti pendenze notevoli, spesso è indicato il 15%, e farle tutte pedalando per me è un’impresa impossibile. Perché mi piace stare in sella tante ore, faticare, dannarmi sui pedali, tutto quello che volete, ma per queste cose occorre nascerci, credo che l’allenamento conti poco. Lasciatemi questa illusione.

Per me il problema principale sono i rapporti, il più agile lo userei su un falsopiano, altro che strada bianca al 15%. Poi, a pensarci bene, non mi manca molto, solo due cose: la forza e la resistenza. Tutto qua. E allora scendo, con la coscienza in pace. Quasi.
Quasi perché poi penso a Luciano Berruti e alla sua bicicletta del 1907, non solo pesantissima ma con dei rapporti ancor più duri dei miei, la mia bici è “recente”, anni ’80. Come faceva Luciano a pedalare su queste strade ancora non riesco a immaginarmelo, e poi lui ha iniziato facendo il percorso lungo, 209 chilometri, 3700 metri di dislivello, per un totale, così dicono i documenti ufficiali de L’Eroica, di circa 15 ore in sella. Qualcuno parte col buio e arriva col buio, e se lo fa con queste bici, tanto di cappello, sono loro i veri eroici.

Io mi sento un eroico a metà, avendo sempre scelto il percorso facile, quello corto, 78 chilometri. Quest’anno, visto che è il mio terzo appuntamento a Gaiole, ho iniziato a vagheggiare di prendere per il 130, non solo per trovare una nuova sfida, ma per godermi la partenza al buio, con le lucine appese al manubrio e la pedalata col sorgere del sole. Poi ho fatto due considerazioni. Centotrenta è quasi il doppio di 78, e considerando che arrivo a Gaiole già sfiancato non solo dalle salite ma anche dal solo pedalare sulle strade bianche, pensare di affrontare in quello stato altri 50 e rotti chilometri mi aveva già fatto sorgere qualche dubbio sulla mia idea eroica.
Poi alle otto si parte in gruppo per i percorsi ragionevoli, quelli da 78 chilometri in giù (ce ne sono per tutti: il Piccolo Chianti, 46 chilometri, e la Passeggiata, di 32). Una festa vera e propria, con il Brocci e Carube col megafono di latta che ci danno il via. Una sfilata fantastica di tutti i ciclisti storici che puoi immaginare, in sella alle bici più fantasiose, dalla draisina alla Graziella, agghindati in modi fantastici.

Alle otto partivano pure tutti i miei amici. Averi potuto abbandonarli? Nel mio filmato c’è quindi la mitica partenza delle otto, così ci siamo goduti la festa. Poi, lungo il percorso, ho anche avuto la fortuna di incrociare Jacek Berruti, figlio di Luciano, anche lui su una bici anteguerra dal rapporto impossibile (per i tecnici un 46/20). Come fa Jacek a scalare quelle salite? Semplice, a vedersi: presa bassa, in piedi sui pedali e va. È stato un grande piacere scambiare due parole con lui, vederlo pedalare con stile. La prima salita, per Brolio, l’abbiamo imboccata insieme, cento metri fianco a fianco poi lui è sparito. Tanta teoria sui rapporti, poi scopri che non è la bici che conta.